Vito Mancuso. Etica e coscienza collettiva, per giorni sempre più difficili
Tempo di lettura: 2 minuti. L’etica. Senza dubbio, uno fra i temi più dibattuti al mondo: composto da contenuti controversi, ancora insoluti, ancestrali ma sempre modernissimi. L’etica poliglotta parla il
L’etica. Senza dubbio, uno fra i temi più dibattuti al mondo: composto da contenuti controversi, ancora insoluti, ancestrali ma sempre modernissimi. L’etica poliglotta parla il linguaggio della filosofia, della scienza, della politica, dell’educazione, dell’ecologia; è soggetto multiforme e allo stesso tempo amorfo, tra i più elementari e al contempo tra i più complessi; in evoluzione, in crescita e in perdita, in termini concettuali di senso e di valore.
Vito Mancuso dedica una serata speciale a questo tema, nell’appuntamento culturale del lunedì sera, al Teatro Carcano. Il filosofo teologo spiega l’etica nel suo spazio subalterno, alle dipendenze di una società stravolta, confusa, irretita, che permette lo scivolamento nell’oblio dei fondamentali principi umani connettivi. Ma quali sono queste basi che si sfaldano sotto i nostri piedi? Mancuso fa un passo indietro, recupera capitoli passati di una storia che ha visto quanto spessore abbia conferito la religio civilis nella saldatura della società, dell’umana convivenza. Che lo si voglia o no, la religione ha creato un punto comune: è stato l’espediente salvifico della civiltà, un trampolino solido per l’esperienza del vivere insieme, uniti, aggregati.
La religione però non cristallizza il focus della tematica. Può essere un punto di partenza – che Mancuso non ha paura di menzionare – da cui iniziare a cucire un tessuto resistente di cooperazione, coesione, condivisione. Ma non è solo una questione che appartiene alla religione. L’etica la trascende. Esistono imperativi che non detta solo la religione, né tantomeno la politica. Sono gli imperativi morali che costruiscono l’etica dei valori non soggetti a sanzioni, multe o a un giudizio ultimo di un banco celeste o di un tribunale terreno.
Se è vero che “Dio è morto”, come ci ricorda il buon Nietzsche, non temiamo più l’inferno, quello inteso al passaggio oltre questa vita. Ma c’è altro che spaventa. Si ha paura della crisi ecologica, della superpotenza tecnologica, delle migrazioni, della minaccia atomica, dell’intelligenza artificiale e dell’indebolimento della nostra capacità di attenzione. Sì, abbiamo di che aver paura. Altroché inferno. Forse conviene abitare il mondo seguendo un centro di gravità permanente, guardando tutti verso una medesima direzione, coltivando una sana coscienza comune.