Carlo Verdone, un cuore ricco di musica. Al Carcano, lo specialista della comicità racconta le melodie della sua vita
Tempo di lettura: 2 minuti. Riesce a far ridere anche parlando di musica. Far ridere è certo il suo mestiere, ma la caratura delle sue fibre sconfinano la sola comicità.
Riesce a far ridere anche parlando di musica. Far ridere è certo il suo mestiere, ma la caratura delle sue fibre sconfinano la sola comicità. Curiosità, veemenza e determinazione lo hanno formato fin dai tempi del ginnasio, quando ancora si divideva tra i doveri scolastici e i primi amori musicali. Sì, tra i tanti panni che avrebbe potuto vestire Carlo Verdone – medico, psicologo, critico d’arte – c’è anche quello del musicista.
Lo scorso 27 marzo, sul palco del Carcano ne ha dato un’ennesima prova. In una serata dedicata alla cultura del lunedì, Carlo Verdone è stato presentato da Ernesto Assante come batterista autodidatta e straordinario connaisseur di repertori musicali ampi e ricercati. Anche nel campo musicale, il regista si è confermato perfetto e competente. Ha fatto esplodere un amarcord commovente, spaziando dai capitoli che hanno caratterizzato gli energici anni ‘60 – con le proprie distintive note hippy e pulsazioni a ritmo Piper – alle potenti e psichedeliche tonalità dei Led Zeppelin e di David Bowie, fino alle fosche modulazioni contemporanee dell’Hollywood sadcore di Lana Del Ray.
Verdone si è raccontato con la musica che lo ha fatto divenire ciò che è: narrando alcuni insoliti aneddoti, ha mostrato i percorsi felici che essa ha tracciato lungo i suoi 72 anni. Con la musica ha stretto un patto di unione inviolabile. Senza di lei, la vita – come definisce egli stesso, quasi innalzandola dallo stato di “cosa” – sarebbe troppo triste e vuota da vivere. È compagna di parentesi buie; testimone di frammenti indimenticabilmente appaganti; scenografia sulla quale si schizzano dolcemente gli angoli delle pagine della nostra vita.
La musica è davvero tutto. È il colore primario tra le forme artistiche. E Verdone non smette di parlarne indossando guanti di velluto, trattandola come oggetto sacro, essenziale del vivere, da non profanare con voci stonate, neppure canticchiando sotto la doccia. Lui non canta, piuttosto ascolta con meraviglia, entra in una dimensione contemplativa di intima relazione tra l’io e il mondo. La musica è una terapia; una coccola; un bacio; un ricordo; una speranza. Nel cinema e nella vita resta qualcosa di imprescindibile.
Avrebbe potuto tenere incollato il pubblico ore e ore con le sue storie appassionanti, sempre pertinenti rispetto a questo grande amore. Le parole di Carlo si rincorrevano senza sosta mentre alle sue spalle giravano i videoclip selezionati da una vecchia playlist. Un intrattenitore nato che ridava vita a scene memorabili capaci, in pochi secondi, di strappare lacrime e far splendere sorrisi all’intera platea.
Un Verdone inesauribile, gigante della comicità e tenero cobra divoratore di musica. Un altro aspetto che porta a rassodare la stima e l’affetto verso la sua arte. In fondo, amarlo significa comprendere l’incanto e il disincanto della vita, la stessa che spende per spiegare perché il riso non si esaurisca in una smorfia, non è atto fine a se stesso. Le risate si mescolano con le lacrime e trovano in noi spazi alternati per assumere il proprio significato: a un tempo ilarità per la stolta bellezza dell’umano, a un tempo malinconia per quella stessa ironia passata, non più afferrabile nel tempo presente.