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La memoria. Quale tesoro più grande?

La memoria. Quale tesoro più grande?
  • PubblicatoSettembre 20, 2024
Tempo di lettura: 2 minuti.

Passeggiare sotto braccio con la propria nonnina e provare a scavare in una memoria labile che scivola attorno alle radici secche del proprio sé. Qualcuno ci prova, talvolta con doloroso insuccesso. Ricordi che vanno e vengono; racconti che tagliano via i dettagli, che mescolano nomi, luoghi, vicende; cicliche reminiscenze, spesso martellanti. Non si può dir certo che sia un male raro, piuttosto una amarissima condanna per chi ne soffre e per chi resta lì ad amarli. Di fronte alla predazione della memoria – il tesoro più prezioso che abbiamo – si resta disarmati oltre che sgomenti.

Resta sempre lei, un sigillo di famiglia insostituibile, la nonna dolce e premurosa da cui abbiamo ricevuto il conforto, la carezza, l’approvazione. Una complice, una saggia, l’eroina senza pregiudizio che ha saputo calare uno spirito forte nel canale bizzarro con cui la contemporaneità è sintonizzata, comprendendo – senza supporto psicologico – persino i nuovi scenari fluidi e mistici.
Si può dire che era unica.

Lei era unica e tante altre cose insieme. Se ne parla in questo modo: nessun presente, ci si affida a un tempo passato, un tempo che non è più. Perché quella graziosa signora, di cui si riconosce ogni ruga, pare non essere più la stessa di prima. Dove è andata a finire la sua storia? Che fine hanno fatto tutti quei tasselli di eventi che l’hanno resa esattamente la persona che abbiamo conosciuto?

Non è più possibile ricordare con lei aneddoti e segreti, o ridere sopra le marachelle e le avventure infantili. Ovviamente non si esaurisce tutto qui, in una nostalgica ma sterile malinconia. Si sfalda un intero mondo di parole ancora da dirsi, di una condivisione che non può più realizzarsi. Si ghiaccia la periferica del rapporto umano. Si annichilisce il fondamento della propria identità e del mondo che si abita.

Nel Menone, Platone annotava: “conoscere è ricordare”. È grazie alla memoria dei ricordi che è possibile ri-accordarsi, ritrovare l’unità, l’identità soggettiva e oggettiva che siamo soliti chiamare “Io” e “Mondo”, coordinate essenziali che non si ricavano dalla realtà bensì dalla memoria. Una prerogativa tipicamente umana affinché possa dischiudersi quell’apertura alla capacità di interpretazione a ciò che ci circonda. Così, quando si sbriciolano i ricordi essenziali che ci hanno assegnato uno specifico posto nel mondo, l’Io crolla inevitabilmente.

Dunque, cosa resta di lei? Cosa resta della nonnina che ogni giorno perde un pezzo di sé? Mentre si sgretola il passato e il futuro lascia il posto a un presente che barcolla, una cosa che resta c’è. Resta l’amore. Il calore di una abbraccio e il gesto di una carezza possono restituire la parte sublime di quel frammento che, lento, eclissa.

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