L’attesa. Un luogo in cui rintracciare amore
Diamo una panchina a un innamorato, saprà cosa farci. Il corpo trepidante di un amante, carico di sentimento, potrebbe persino animarla, renderla testimone dell’infinita portata di amore di cui è capace un cuore in attesa. Una semplice panchina -quale eccellente metafora di una attesa- sarebbe capace di accogliere, sulle sue gambe di legno, nient’altro che la madre del vitale moto umano. L’amore o, in altre parole, quella percezione, ricambiata, di sentirsi importante per una persona in particolare.
E mentre il cuore palpita, la mente viene rapita da un conto alla rovescia spasmodico per annientare l’amara distanza che lo divide dal calore di colui o colei che scatena quel desiderio di stare insieme. La lontananza, ovvero quel tempo che taglia i rapporti di amore, si combatte con il momento dell’attesa, facilmente definibile come dilaniante, struggente, incolmabile, che però porta con sé un rovescio di gioia spaesante, di speranza, di eccitazione del tutto positiva. Aspettare diventa una formula vitale come respirare, specialmente quando è il cuore a contare la cifra della mancanza.
Si lotta con un tempo che ferma il tempo. Il passato è già sfuocato, il futuro ancora incorporeo. Si precipita nella cavità del presente atemporale. Persino il pendolo di Schopenhauer si arresta. Non si passa più da una istanza di dolore a quella di noia. Si vive l’attimo eterno dell’attesa, capace, come nessuno, di coagulare ogni coordinata verso la visione dell’amante che presto farà il suo ritorno.
L’attesa, è chiaro, diventa sinonimo di mancanza. Per ricongiungersi e poter ascoltare finalmente il botto esplosivo dell’amore -trionfo ineluttabile dell’attesa- si fa esperienza dell’assenza penosa e triste. Si sente il gelo di un amore che manca, perché non è qui, non è presente. Ed è proprio questa dilaniante attesa del ritorno a divenire cartina tornasole di un pieno sentimento. Infatti, se percepita, la mancanza si traduce in amore, in conoscenza inossidabile dell’importanza della persona amata, proprio perché attesa. Da qui, l’assenza si tramuta in vera e propria “presenza”.
Così attendere diventa il perno dell’amore, una condizione semplice ma rivelatrice, che sbaraglia ogni criptica interpretazione. Il magico momento dove si attende l’amato, guardandolo postumo, potrebbe addirittura liberarsi dai toni cupi e struggenti. Sì, perché è proprio in quel frammento di vita che si conserva il segreto della felicità, e non solo amorosa. “L’attesa del piacere è essa stessa il piacere” professava il filosofo illuminista Lessing, precursore di una teoria che si farà ancor più celebre, quella leopardiana. Con Leopardi avrebbe senz’altro convenuto che il vero piacere viene onorato solo nel momento di attesa, in un sabato capace di far fiorire il villaggio in festa.
Amare vuol dire aspettare, attendendo il piacere dell’amore che torna e che si dona. Naturalmente, conditio sine qua non per una attesa che si fa realmente felice non sarà di certo l’incontro con un Godot.
1 Commento
Magnifica analisi Dottoressa Larisa !
Come sempre ci porti ad una riflessione profonda Grazie di vero cuore.
Attendiamo un suo prossimo articolo!