Identità, corpi, transizioni. Al Lirico Gaber, Stefania Rocca racconta l’etica della diversità
Tempo di lettura: 2 minuti. Dal romanzo di Silvia Ferreri, finalista al premio Strega nel 2018, nasce una pièce teatrale che canta il diritto alla libertà con note di estrema
Dal romanzo di Silvia Ferreri, finalista al premio Strega nel 2018, nasce una pièce teatrale che canta il diritto alla libertà con note di estrema agonia. “La madre di Eva” è un racconto contemporaneo, toccante, che porta in seno qualche spina sociale ancora da estirpare. Prima fra tutte quella dell’accettazione dell’identità mutante: un tema rovente che non tace mentre si fa sentire con il grande lavoro di Stefania Rocca, presentato in anteprima al teatro Lirico Gaber e in programma a Roma nei mesi di marzo e aprile.
Non solo attrice, questa volta la Rocca muove l’intera architettura della rappresentazione. È regista debuttante di uno spettacolo delicato e allo stesso tempo difficile da disegnare su un palco, non per le scenografie -minimal e poco ricercate- piuttosto per la riuscita della personificazione di uno stato di angoscia e smarrimento che ha preso posto come un personaggio invisibile.
Nella messa in scena del romanzo, la diversità è protagonista. È quello stato di confronto che deve poter esistere per legge e, prima ancora, per amore. La diversità nasce contestuale alla possibilità del vivere umano e deve essere rispettata anche quando scavalca e divora gli schemi ideali di un genitore, testimone unico di quella sensazione di perdita di ciò che si è generato e conosciuto come un essere irreversibile.
La scenografia si dilata nei toni scuri e nei contorni sfuocati. In contrasto, i dialoghi che lasciano in pausa il respiro e aumentano la propria nitidezza, minuto dopo minuto. È una escalation di tensione mista a stordimento: madre e figlia in preda al dramma del disconoscimento. Per una madre, divenire spettatrice di un cambio di identità da parte di una figlia, resta una prova inenarrabile. È necessario resettare. Ripartire, come se tutto fosse stato negato. Non solo. Da non dimenticare, la lotta sconfinata da affrontare contro coloro che vedono la transizione di genere come una manifestazione folle, un desiderio malato o qualcosa di sbagliato che lascia un odore ripugnante.